martedì 17 maggio 2011

Siddharta, lo sperimentatore

Prendi un pezzo di campagna a 2 ore di strada dalla città, lì dove fattori che amano la solitudine contendono alla terra rossa e povera dell’outback il diritto di restare.

Immagina un paio di costruzioni grezze adagiate su dolci colline, dove il cielo è largo e i tramonti sono tutti da cartolina.



Ascolta la voce del vento tra gli alberi, il verso stridulo di strani uccelli, il familiare muggito di alcune mucche poco lontano.

Le 4 del mattino. L’alba è ancora lontana, la croce del Sud risplende puntuale in cielo. Il suono di un gong rompe il silenzio della notte, la vibrazione rimane a lungo nell’aria, irreale. Poco alla volta fantasmi che si muovono silenziosi e decisi, ignorandosi, compaiono e scompaiono tutti inghiottiti dallo stesso edificio.

2 ore dopo di nuovo un colpo di gong. La luce delle stelle lascia il posto alle ombre lunghe dell’alba e nuovamente figure silenziose si spostano da un edificio all’altro. Finalmente si avviano a fare colazione. Porridge, cereali, mele cotte, pane, burro, marmellata. Nessuno parla, lo sguardo è perso lontano, verso un orizzonte immaginario, resta solo il rumore dei piatti che sbattono e del bollitore per l’acqua calda.




Immagina ora di dover guidare un’auto di formula uno e di dover gareggiare per la vittoria mentre la Pamela Anderson di 20 anni fa ti sta facendo un lavoretto. Non ce la fai, il risultato è che vai a sbattere continuamente da tutte le parti. Per me il primo giorno è stato così, la mente che sgusciava da tutte le parti, un frullatore di immagini e di emozioni, senza via d’uscita, mentre cercavo una posizione in cui non mi facesse male la schiena o le ginocchia.

Tecnicamente, i primi 3 giorni abbiamo lavorato con Anapana, la tecnica in cui si osserva il respiro e che serve per concentrare la mente. Il resto del tempo abbiamo lavorato con Vipassana, la tecnica in cui si osservano – senza reagire - le sensazioni in tutte le parti del corpo e il cui obiettivo è addestrare la parte inconscia della mente a liberarsi dall’attaccamento ovvero dalla tendenza della mente inconscia a reagire con rabbia o bramosia alla sensazioni del corpo.

La teoria che sta dietro a questa tecnica suppone che quando ci accade qualcosa la mente conscia, a partire dai modelli che ha in memoria, esprima una valutazione sull’accaduto. Il corpo esprime questa valutazione attraverso una sensazione e la mente inconscia percepisce la sensazione e genera rabbia, se la sensazione è spiacevole, o bramosia, se la sensazione è piacevole. Rabbia e bramosia generano sofferenza e la sofferenza infelicità.

La tecnica, allenando la mente inconscia a comprendere che le sensazioni sono temporanee, la addestra a non reagire ovvero ad essere equanime. Inoltre, quando la mente inconscia non si nutre di rabbia o bramosia, porta alla superficie vecchie sensazioni da cui – non reagendo – ci si può liberare. Eliminando la reazione alle sensazioni ci si libera dalla sofferenza e quindi dall’infelicità.

Secondo l’insegnante Goenka, questa tecnica fu inventata da Gotama il Buddha 2500 anni fa e tramandata nella sua versione originale da maestro a discepolo solo in Birmania, l’odierno Myanmar, paese di origine del Goenka.

Ma aldilà dei dettagli tecnici che probabilmente si possono trovare insieme ad una quantità di altre informazioni nel sito dell’associazione Dhamma, questi giorni sono stati per me un’occasione imperdibile di riflessione, su di me, la spiritualità, il concetto di Verità.

Per quanto riguarda la tecnica, sono convinto della sua bontà e della buona fede di chi la insegna. Il fatto che richieda di essere praticata 2 ore al giorno, più un incontro comunitario settimanale, più una full-immersion di 10 giorni una volta l’anno, mi urta un pochettino. Quante cose potrebbero essermi veramente utili praticare 2 ore al giorno ?

Il fatto è che, così mi pare, ognuno ha la sua verità. Ogni movimento, fede, religione è convinta che la propria via sia la migliore per sé e, spesso, anche per te. Qualcuno tollera o ammette che altre vie possano essere buone ma, in fondo, la sua è davvero la migliore e questo passa, passa sempre.

La mia idea, di cui non rivendico l’originalità, è che, come l’unica rivoluzione veramente realizzabile è quella personale, si possa arrivare soltanto a una Verità personale e sperimentata.

Ovvero. Benissimo cercare la Verità in quello che dicono i genitori, gli insegnanti, gli amici, la società, la religione, ma se questa Verità non la sperimento nella mia vita, come farebbe uno scienziato, come posso essere certo della sua bontà ? In particolare, se non mi alleno a esercitare il mio senso critico, come faccio a capire chi sono e cosa voglio dalla vita ? Aspetto che me lo dica mio padre, il presidente del consiglio, il Papa ? E se te lo dice e ti senti infelice a chi chiedi spiegazioni ? E se fai tutto quello che ti dicono e continui a sentirti infelice cosa fai ? Ti rassegni all’infelicità ? Cambi spacciatore ?

Ho cercato a lungo una persona da cui avere risposte che non sapevo darmi. Alla fine le risposte migliori sono state di chi non mi ha risposto affatto. Come posso chiedere a un altro cos’è il meglio per me ? Non trovi la risposta ? Sbatti la testa, rischia, prendi una decisione, assumiti la responsabilità, cresci.

Nemmeno sono d’accordo con chi denigra tutte le istituzioni. Le istituzioni sono imperfette, a volte dannose, ma necessarie. Hanno il compito di dare stabilità alla società, di essere un riferimento al tentativo umano di migliorarsi, sono una memoria di questo tentativo. Chi denigra, secondo me spesso finisce per assimilare il pensiero non istituzionalizzato, gli amici, i media. Per esempio, ho incontrato molte persone che ritengono che l’amore omosessuale e quello eterosessuale debbano essere considerati nello stesso modo, ma non sanno spiegare perché. E’ ovvio. Perché l’amore è amore. Cos’è l’amore ?

Se incontro una persona e mi sembra che abbia una vita armoniosa, felice, nel suo sguardo trovo luce, serenità, ecco, per me è una persona da cui imparare qualcosa. Ma ogni persona è speciale, è un miracolo, e così come non mi aspetto che necessariamente quello che funziona per te funzioni anche per me, così da ogni persona mi aspetto di poter imparare qualcosa. Ci pensavo durante il corso, osservando uno dei tramonti mi sono reso conto che ognuno di essi è unico, che la luce dorata con la quale ognuno di essi illumina il paesaggio non potrà mai essere esattamente la stessa. Quanto più ogni persona!

Credo che molti abbiano letto il famoso libro di Herman Hesse, Siddharta, che racconta una versione della vita del Buddha. Durante la sua vita Siddharta sperimenta diverse esperienze spirituali fino a raggiungere l’illuminazione. Questa per me è una buona via, la sperimentazione.

Come ogni cosa, con il buon senso. Ci sono migliaia di religioni nel mondo, 120 tipi diversi di meditazione classica, liberi pensatori, filosofi, guru, chi più ne ha più ne metta. Sono convinto che nulla succede per caso, che quando ti metti a cercare la Vita ti mette davanti quello che ti serve e che saper scegliere è il primo frutto dell’allenamento al pensiero critico.

Nemmeno io voglio fare il guru. Cerco di condividere i frutti della mia sperimentazione, senza pretese. Credo che in un mondo ideale sarebbe fantastico se ognuno facesse questo e si discutesse di come e cosa sperimentare, come nella teoria dei test che si studia in psicologia, con al centro questioni come felicità, benessere e qualità della vita, senza misurarla con la misura della cilindrata dell’auto o i metri quadri della casa di proprietà.

Ho scritto una storiella. Luisa e Antonia fanno lo stesso lavoro e hanno molte cose in comune. Una di loro però è una sperimentatrice. E’ una storiella, con tutti i limiti di una storiella, prima di tutti che l’ho scritta io in velocità ma, spero, con la possibilità di essere esemplificativa di come credo potrebbe cambiare la vita a uno sperimentatore.

Alla fine il dono più grande che posso farti è lasciarti la tua libertà. Prendi quello che ti serve da me e sperimentalo, se vuoi. Sul tuo cammino c’è scritto solo il tuo nome.

2 commenti:

  1. Ma dopo tutte queste esperienze di vita si può tornare alla "realtà" di tutti i giorni?...

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  2. Grande Nic, leggo cose vere, profonde, vissute... Perle che possono far riflettere, fare da spunto per prendere in mano la propria vita. Concordo con te, abbiamo fatto un pezzo di strada assieme, siamo cresciuti, abbiamo iniziato a camminare
    Ti stimo amico!
    Un abbraccio

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