Correre nella luce del mattino sulla spiaggia deserta e assolata di Cable beach, con il vento che graffia la pelle e blu profondo e giochi di luce negli occhi. Correre sempre più forte, fino a non sentirsi più i piedi schizzare spruzzi di mare sulla battigia, come il cavallo della pubblicità dell’IP. Lasciare andare i pensieri a briglia sciolta, come se avessi i capelli lunghi di una volta. Non ha prezzo.
Sentirsi a casa. Cosa vuol dire ? Per chi è all’estero è, a volte, parlare la propria lingua, ascoltare una vecchia canzone, mangiare buon cibo del proprio paese. Per me è avere un posto dove sai che qualcuno ti aspetta per darti un abbraccio, o un bacio, un sorriso. Un posto dove sentirsi amato.
Cosa vuol dire sentirsi amato ? Per me vuol dire sentirmi libero di esprimermi in tutto quello che sono e sapere di essere ascoltato davvero. Il posto fisico dove tutto questo si è realizzato meglio per me è a casa di Valter e Franca, che saluto con grande affetto.
Sono partito per questo viaggio anche con l’obiettivo di imparare a sentirmi a casa dovunque e comunque. Non credo sia un obiettivo così ambizioso, in ogni caso fino ad ora non ci sono ancora arrivato.
Sono ancora troppo preoccupato di me stesso, di cosa mangerò, di dove dormirò, dell’immagine che darò. Bisognerebbe essere come bambini, innocenti, spontanei, certi che qualcuno ti darà tutto quello che hai bisogno. O, meglio, che quello che arriverà sarà tutto quello di cui ho bisogno.
Sono diventato così preoccupato di esprimere i miei bisogni che mi dimentico di accogliere tutti gli altri doni che possono arrivarmi in una giornata, ma non appartengono alla categoria di ciò che ho pianificato buono per me. E mi dimentico di essere casa per gli altri, e per me stesso.
La verità è che credo che ognuno debba darsi il permesso di sentirsi a casa, di sentirsi libero di essere quello che è. Ci sarà sempre qualcuno a cui non vai bene, e ci sarà sempre qualcuno in grado di apprezzare la spontaneità e la libertà. Ma nessuno, se non me stesso, può darmi il permesso di sentirmi libero.
Ci sono posti, come Summerhill, dove ci sono le condizioni migliori per imparare ad esprimersi, a diventare quello che uno è o potrebbe essere. Ci sono case fisiche che assomigliano a prigioni ma la vera prigione è la mente.
La sapete quella dell’elefante, come la racconta don Marco? Gli elefanti vengono legati sempre con una corda. Sa cuccioli sono troppo deboli per romperla e imparano che quella corda è impossibile da rompere e rimangono dello stesso parere per tutta la vita anche quando potrebbero romperla con facilità. Ma da grandi quella corda si può spezzare. Bisogna però cambiare modo di pensare, mettere in discussione le proprie certezze.
La prima volta che ho pensato di andarmene da casa avevo 11 o 12 anni. Avevo pianificato di riempire lo zaino di cracker e d’acqua e di cercare lavoro al bar della stazione. Chissà perché. Poi ho pensato che era più comodo aspettare di avere più risorse, più capacità. Ho continuato a pensare lo stesso per tutti gli anni a seguire, con pochi lampi di consapevolezza. Alla fine del giro in bici della Corsica, volevo cambiare traghetto e andare a cercare lavoro a Marsiglia. Alla fine del liceo volevo andare in Canada a lavorare nei parchi. Alla fine del viaggio in Costarica, volevo continuare in Nicaragua.
In tutti i posti dove ho vissuto non ho mai voluto spendere troppo tempo per sistemarli, perché sapevo che erano temporanei. E’ come se mi fossi preparato tutta la vita a questa partenza, ma ho dovuto aspettare i 36 anni per capire che si può fare, e non è così difficile, specialmente prima dei 30 anni. Il fatto è che scegliere sempre la soluzione più facile ti rincoglionisce, non ti fa crescere e, alla fine, non ti diverti nemmeno. Come dice Antonio, mettersi in difficoltà è la via buona per imparare e anche per divertirsi.
Non so come sia per gli altri. Io dovevo partire. Non so dove andrò o che sarà di me. Cercherò di realizzare qualcosa di veramente buono e non importa se ci riuscirò. Ogni giorno che percorrerò questa strada farà di me una persona migliore, e più felice.
Non mi serve niente di più.
Semplicitá... ogni volta che leggo le tue parole rimango sbalordita dalla semplicitá dei pensieri che con disinvoltura snoccioli.!! ...veramente i mostri che vediamo, sono semplicemente un gioco d'ombre,briciole e formiche piccolissime, che in momenti di confusione ci sembrano mostri enormi!
RispondiEliminaQuando viviamo nella semplicitá... ci abbandoniamo al pensiero che quello che arriverà... sará semplicemente tutto quello di cui avremo bisogno! cosí tutto torna alla sua normale misura.!
Sei una fonte d'acqua fresca, mi rallegra abbeverarmi dalle tue riflessioni!!
Secondo me, l'obiettivo di sentirsi a casa dovunque mi sembra tutt'altro che poco ambizioso! Mi piace condividere questi pensieri, c'è proprio poca gente che ha il coraggio solo di pensare queste cose, e in effetti, il mondo esterno che tu hai cominciato ad esplorare in modo così radicale, è troppo grande, e ci fa sentire tanto piccoli, che troppo spesso non siamo in grado di accettarlo, chiudendoci dentro case, uffici, mutui per 30 anni e famiglie con bambini che giustifichino tutto quello che di buono e giusto vogliamo far vedere.
RispondiEliminaEmozionante Nic, a volte senza parole. Continuo a chiedermi anch’io tante cose, continuo a cercare di prendere consapevolezza. È sicuramente il primo passo… ma poi bisogna agire, prendere in mano la propria vita. Tu lo stai facendo io, probabilmente, solo in parte. Grazie perché mi sei da stimolo, mi ricordi che si può vivere diversamente, si può rischiare tutto per capire cosa si ha dentro.
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