mercoledì 26 ottobre 2011

Fratello Vento

Credo di essere imparentato con il vento. Quando mi fermo, mi stabilizzo in una situazione, perdo energia come un secchio d’acqua con un buco da un centimetro sotto. Quando mi muovo, quando riparto con tutti i miei 20 chili e passa sulle spalle, quando guardo il mondo scorrere indietro dal finestrino di un treno, sono così carico che non sono sicuro se sono io che sto muovendo il treno o è il treno che sta portando me.

Mi chiedo se è sempre stato così. Se lo è, che vita ho vissuto fino a un anno fa ? E se non lo è, da cosa sto fuggendo, o cosa sto inseguendo ? In realtà ho sempre corso molto. Sempre. Nella mia vita gli ultimi spazi vuoti risalgono a miei primissimi anni di vita in via Buonarrotti, quando il mio cuore non conosceva l’angoscia della solitudine e non si spaventava davanti all’immensità del silenzio.
Dall’asilo in poi ho conosciuto la confusione, la rabbia, la paura, l’umiliazione, e non mi hanno più lasciato. Sono costantemente in trattativa con loro per conquistare una manciata di benessere, per gustare la vita. Ricordo le 21 riunioni in 20 giorni negli anni dell’università, le corse in moto da un attività a un'altra, e le ultime recenti domande sul perché stavo rischiando continuamente la vita per arrivare in orario ad appuntamenti che la vita non mi cambieranno. Rallentare. Consapevolmente. Prendere fiato, guardarsi intorno, capire perché sto facendo quello che sto facendo.



Sarò eretico ma comincio a credere che il momento in cui un maschio può essere vicino alla verità è dopo aver fatto l’amore in maniera soddisfacente, aver dormito profondamente qualche ora, essere sceso in strada, aver mangiato una buona pizza in un ambiente confortevole con gli amici. Ecco, quello è il momento della verità, quando i bisogni primari sono tutti soddisfatti. Quali sono i colori del mondo in quel momento ? Quali luci ? Cosa vuoi ? Cosa senti ?



Purtroppo devo confessare che ho avuto ben pochi di questi momenti, ho troppo spesso lasciato che qualcuno venisse a rompermi i coglioni, oppure ho creduto di dover essere responsabile di un altrui felicità. Il risultato è che tutti questi qualcuno adesso sono fisicamente e spiritualmente dall’altra parte del mondo, a laurearsi, a compiangersi, a fare non so cosa. Ma di quei rari momenti che mi sono concesso ho un ricordo favoloso, ho il ricordo di una felicità cristallina, semplice, di non avere veramente più bisogno di niente, nemmeno del desiderio del desiderio, semplicemente stare così, respirare, osservare la bellezza che abbiamo intorno.

Ripeto. Sarò eretico, ma temo che questa storia dell’amore romantico abbia poco a che fare con l’amore e molto con l’aspetto ormonale. Togli quello o mettiti in uno stato post-orgasmico, e vedrai come le quotazioni di un bicchiere di birra con gli amici schizzano alle stelle. E per fortuna. Non dobbiamo amare anche i nostri nemici ? L’affettività non si può esaurire all’interno del solo rapporto di coppia.

D’altra parte, nemmeno mi sembra naturale ignorare la spinta vitale che fa instancabilmente collidere uomini e donne. La spinta vitale non è una cosa da poco. E’, appunto, la Vita, quella sostanza in cui siamo immersi che religioni, media, società tentano di codificare per noi (con intenzioni più o meno oneste) e che ci chiama a rispondere instancabilmente.

Nel luogo del mondo dove mi trovo ora, ad esempio, i contatti fra uomini e donne sono relativamente proibiti prima del matrimonio. Ieri ho passato la serata con una coppia che si sposerà in fra 3 mesi e non c’è stato abbraccio, non c’è stato un bacio tra di loro, soltanto qualche fugace carezza sui capelli rubata in auto, al riparo da occhi indiscreti. Non ho capito esattamente cosa succede in caso di un figlio fuori dal matrimonio; in ogni caso è una tragedia.
In altre parti del mondo, non so se esagero ma la mia sensazione è che un figlio all’interno del matrimonio sia più vicino all’eccezione che alla regola. In entrambi i casi, famiglie allargate si prendono cura dei figli. Dove esistono forti schemi culturali le persone rispondono a quegli schemi, dove non esistono si risponde con la soddisfazione dei bisogni primari.

Nel mondo occidentale è parecchio che assistiamo a un risveglio culturale che porta alla critica dei vecchi schemi, che resistono per tempo che va via via diminuendo. Chi detiene il potere reagisce creando nuovi schemi che vanno a sostituire quelli precedenti, sempre più sofisticati e imbriglianti e, possibilmente, globali. Il cristianesimo, lento a creare nuovi schemi sta perdendo velocemente potere in occidente, il buddismo, più elastico e dinamico, ne sta acquisendo. I media diventano sempre più strategici. La critica è indirizzata verso il vecchio schema e verso chi non accetta il nuovo schema. Ognuno di voi mi dirà che non è così ma in realtà i media orientano le nostre scelte come i fiori si orientano verso la luce. La televisione è ancora il canale per eccellenza, i giornali perdono e il vero campo di battaglia ora è internet. Google, Facebook, Wikipedia, Wikileaks… niente è come sembra, niente è facile da decifrare ma c’è ancora abbastanza spazio per capire. Per essere consapevoli.

Cosa sto facendo ? Perché lo sto facendo ? Come mi sento ? Lo voglio davvero o mi sento obbligato ? Perché mi sento obbligato ? Qual è il bene per me in quello che sto facendo ? Posso farlo in un altro modo ? C’è un’altra via ?



Sono alcune delle domande che vorrei pormi ogni giorno, almeno una volta la settimana, ma è dura essere onesti con sé stessi, è più facile mettersi in coda e seguire il flusso. Il fatto è che il flusso mi porta dove vuole qualcun altro e quel dono specialissimo, unico e irripetibile che mi è stato fatto, che è la Vita, in questo modo lo chiudo in un cassetto. Ho questo dono incredibile, tutto da sperimentare, da mettere in gioco, da capire come funziona, e limitato nel tempo. Voglio usarlo.

Negli ultimi dieci giorni mi sono mischiato ad alcune famiglie dalle parti di Tangerang, 2 ore di traffico da Jakarta, Indonesia. Ho dormito dove è capitato, ho provato tutti i possibili cibi locali, sono stato male, c’ho provato inutilmente, ho avuto lunghe e profonde e accese discussioni, ho giocato con i bambini, ho cucinato italiano, ho speso molte ore in mezzo al traffico, ho avuto 2 colloqui skype con un’azienda di Hong Kong e fatto un provino per una televisione locale. Ho studiato la cultura locale, il tipo di comunicazione che viene propinata a menti assetate di riferimenti. Ho dovuto rinunciare alla carta igienica. Ho sognato la cucina di mia madre. E non ho avuto spesso internet, ma lunghi tempo di attesa, a volte da solo, spesso circondato da persone che non parlano nessuna lingua da me conosciuta. In questo modo mi è stata concessa l’opportunità di scrivere queste riflessioni. Tutto è dono, basta vederlo.



3 commenti:

  1. stop complainnnnnn ....btw only my pic is not here ...ugh...but I already knew before that I never meaningful for you ;)

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  2. Quando mi capita di sentire quel senso di libero volo donato dalla felicità, se qualcuno mi chiedesse il motivo, la fonte, non credo saprei rispondere. La felicità non sarebbe così difficile da afferrare se corrispondesse a un'ora d'amore o ad un cumulo di denaro in banca. La felicità ce la portiamo dentro, è latente, ed emerge perchè in un determinato contesto riusciamo a scrollarci di dosso la nostra materialità, il nostro vivere per obiettivi, e d'un tratto ci scopriamo a librarci nell'aria senza saperne esattamente il perchè. Ma è la temporaneità che genera la felicità? E' il suo essere effimero? Se potessimo sempre comportarci come vogliamo, senza rendere conto a niente e a nessuno, potremmo essere felici nel lungo periodo? O ci sentiremo alla fine del viaggio annoiati, ebbri di esperienze, ma persi perchè privati delle piccole cose e i piccoli gesti che ci fanno sentire di nuovo protetti e sicuri come nel ventre materno? Mi sono chiesta più volte se i legami e i vincoli che ci costruiamo siano una prigione o invero l'unico modo per essere felici...spero tu possa trovare le tue risposte...io in parte le ho trovate, le scopro ogni giorno quando guardo gli occhi sorridenti di Daniele, quando vedo lui librarsi nell'aria e tirarmi per un dito, per portarmi a vedere solo quello che gli occhi di un bimbo riescono a catturare, in questo mondo che corre, e che non vorrebbe ci fermassimo mai a sognare di adagiarci in una nuvola soffice d'amore e pace.

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  3. La felicita' e' interiore. E' l'unica cosa di cui sono sicuro. Non dipende da esperienze esterne, fa parte del mio percorso, lo so bene. Cerco di capire bene come funziona. So dell'importanza di vivere il presente, di staccarsi da ogni attaccamento, di imparare ad ascoltarsi e ad ascoltare. So che tutto e' temporaneo. Sto imparando, sto cambiando, spero di portare frutto a tutto questo. Alcune persone interessanti dicono che una madre che guarda il figlio e' una delle poche opportunuta' sulla terra di vivere veramente l'amore incondizionato, gratuito e quello che mi dici lo conferma. Hai un dono enorme Silvia.
    Credo che i legami vanno bene quando all'interno di quei legami mi do il diritto di essere liberamente me stesso... non so ancora bene cosa questo vuol dire, ma lo imparero'. Un abbraccio!

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