giovedì 1 settembre 2011

Banana fritta filippina.

Stanotte ha piovuto. Sdraiato sul letto del mio bungalow 2x2 metri mi sono incantato a guardare la pioggia cadere nella semioscurità, e dalla finestra mi arrivava la familiare voce del mare, forse a tre metri da me. Qui, a Kaputian, Samal island, Davao del Norte, Mindanao, Philippines, il tempo è ottimo. Sole di giorno e pioggia di notte, a rinfrescare.

Sto cominciando a usare la guida al contrario. Vado nei posti che non sono nominati, ma di cui si trova qualche traccia su internet, magari perché c’è qualche leggenda di guerra civile. Effettivamente c’è polizia ed esercito dappertutto, ti perquisiscono quando entri nei locali o nella stazione degli autobus ma la mia sensazione di sicurezza è elevatissima, notte e giorno. Anche parlando con la gente capisci che puoi trovare rogne solo se te le vai a cercare. E non qui.

Da queste parti ho potuto contare i turisti sulle dita di una mano. E ciò è meraviglioso, perché si può avere un’autentica esperienza della vita della popolazione locale. L’altra parte della medaglia è che, in quanto turista, sei tu stesso un’attrazione, molte persone ti fissano interrogative, o sorprese, proporzionalmente all’età. Alcuni tentano un approccio, specie i giovani, che sono golosi di novità, ma spesso con l’intento di venderti qualcosa. Chi non sa parlare inglese spesso è intimidito, ti dice no prima ancora che tu abbia posto una domanda, anche se vuoi soltanto chiedere indicazioni di una località. E’ difficile trovare mappe, informazioni, servizi, capire qual è un prezzo onesto. Alla lunga, diventa fastidioso, occorre proprio cambiare mentalità di viaggio, prenderla con grande calma.

Il sud-est asiatico, per quello che ho potuto vedere, è pieno di gente. Anche nel posto più sperduto trovi un villaggetto, una baracchetta, non c’è verso di stare per conto proprio. Inoltre questa mia esperienza asiatica mi sta facendo apprezzare la più grande invenzione del mondo occidentale: la carta igienica. Nelle case popolari non esiste lavandino, doccia, carta igienica. Si fa tutto con un secchio sopra (o accanto) la tazza del cesso. E nei bagni pubblici faccio ancora fatica. Ho provato a chiedere a qualche locale come fanno a pulirsi solo con il secchio, se c’è qualche tecnica astuta… ma credo che in fondo forse non voglio saperlo. Ho comprato un rotolo e lo tengo sempre nello zaino, faccio prima così.

A Cagayan de oro ho pagato 3 euro per un’ora di massaggio full-body. A Butuan 41 euro per 2 antibiotici e 2 antidolorifici, 5 euro per una visita specialistica in ospedale, 1 euro per un piatto di riso con carne e verdure, 11 euro per una camera doppia in un albergo economico, 6 euro per un viaggio di 286 km e 8 ore in un autobus senza aria condizionata, pochi centesimi per uno spostamento diurno in jeepney o in motorella, per un bicchiere di succo di cocco o una banana fritta.

Trovo difficile, a volte, non sentirmi superiore. La mia cultura, il mio denaro, le mie capacità, l’immagine che un italiano porta con sé, mi colloca in una posizione superiore, dal punto di vista sociale, rispetto alla maggior parte delle persone qui. E quindi mi rende più attraente, più importante, più potente. Mi sorprendo qualche volta a compiacermi di questa differenza, mi sorprendo a cercarla negli occhi delle persone e mi sento così debole in quei momenti, così schiavo. Non voglio usare il mio potere per prendere qualcosa dagli altri, voglio usarlo per entrare in connessione, per quanto questo sia possibile.

Siamo tutti una cosa sola, in ognuno di noi c’è una scintilla divina, solo che la maggior parte non lo sa, o non ci crede. Ma, quando sono in pace, riesco a vederla, riesco a vedere, in un particolare, la vera bellezza illuminare il volto di ogni persona.

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